← Indietro Pubblicato da

Sguardi che ti si attaccano addosso come mosche

Il mio viaggio mi ha portato a Verrès, cittadina valdostana conosciuta per essere tappa della Via Francigena, affiancata dal Parco Naturale del Mont Avic.

Al mio arrivo mi accoglie Paolo.

Avevo deciso di fermarmi una notte in più, per non tornare subito a Milano.

Non mi concedevo un momento per me da tempo - e in fondo è sempre una buona scusa per restare lontano da quel buco nero di emozioni.

Paolo è il gestore di un piccolo B&B nel cuore della cittadina.

Dice che ha appena cominciato ad accogliere i pellegrini, da cui deriva il nome del suo alloggio: Il Pellegrino.

È un signore distinto, canuto, con una voce amabilmente calma e un’attenzione maniacale per i dettagli.
Mentre parliamo, avverto una distanza che non è dovuta solo agli anni.

Io scappo dal posto dove vivo, Paolo no.

Siamo distanti anni luce.

La mia mente comincia a vagare, mentre lui continua a spiegarmi come si regola la stufa del bagno o dove si trova l’estintore.

Si preoccupa di sottolineare che è nell’anta destra del primo armadio a corridoio.

Annuisco.

Parliamo di chi siamo, di cosa ci ha portato qui.

Gli dico che sono un milanese atipico, che si allontana dalla città appena può — ma in realtà ogni milanese fugge da lì appena ne ha la possibilità.

Là, lo sguardo della gente ti si attacca addosso come mosche.

Forse, con un po’ di pietà, asseconda il mio pensiero, vedendo un ragazzo così giovane intrappolato in una dimensione simile.

Mi racconta che il B&B era prima una casa unica, a tre piani.

Suo nonno la costruì, e vi abitarono tutti.

C’era una stalla. Un orto.

Una volta ospitava anche una merceria.

Da sempre accolgono gente solo che ora si sono buttati sul turismo.

Accoglievano senzatetto e bisognosi, facendoli dormire nella stalla.

“Un tempo la stalla era il cuore della casa”, mi dice con tono malinconico.

Forse anche a lui manca qualcosa.

Forse anche lui si sente perso.

O almeno, ora mi sembrava così.

Lo saluto e entro nella mia stanza.

La giornata è stata lunga, e ho solo bisogno di riposare.

Mentre chiudo gli occhi, uno stormo di rondini accompagna il mio calar onirico.


“La rondine mi insegna che il vagabondar è parte della vita”.